Art Gallery
CHAMBRES
A cura di Pantani-Surace e Paolo Parisi
Fino al 30 marzo 2024
mH Florence Hotel
Firenze, Via Luigi Alamanni 37
Con la mostra Chambres, l’hotel mH Florence & Spa, situato nel pieno centro della città, accoglie nei suoi vari ambienti, interni ed esterni, compreso il lounge appena realizzato, le opere – scultura, pittura, performance, fotografia, video, installazione – di Anna Dormio, Lori Lako, Matteo Coluccia, Max Mondini, Mohsen Baghernejad Moghanjooghi e Stefano Giuri.
Chambres nasce dalla volontà di Irene Vezzosi, direttrice dell’hotel mH Florence & Spa e si propone di creare un’occasione espositiva per artiste e artisti, e× allievi delle Accademie di Belle Arti italiane, che hanno terminato il loro percorso di formazione e che stanno già distinguendosi internazionalmente per la qualità della loro ricerca. È un progetto a cura degli artisti (e docenti) Pantani-Surace e Paolo Parisi, che si rinnoverà di anno in anno con lavori e protagonisti diversi.
Le opere delle artiste e artisti coinvolti lasceranno il loro segno all’interno dell’hotel, uno spazio, come già sottolineato, aperto, crocevia di ospiti di passaggio, provenienti da diverse parti del mondo, che si fermano in una finestra di tempo e poi se ne rivanno, uno spazio in continua trasformazione che cambia a seconda di chi lo abita in quel momento. E proprio in quest’ottica, Chambres si potrà visitare h24. Saranno tracce che andranno a integrarsi e a interagire con gli ambienti e con chi li attraversa. I lavori, realizzati appositamente per Chambres, riflettono questa condizione di movimento, di identità differenti, di situazioni quotidiane fatte di gesti, di casualità, di esperienze sociali e di costume, tutti elementi che vivono costantemente in una realtà come quella di un hotel.
Il primo dei segni di Chambres, visibile dall’esterno, sulla vetrata di mH Florence & Spa, è quello di Max Mondini, Entogramma#1 (Filippo) (2023). Un lavoro che nasce da un immaginario ibrido, al confine tra figurazione e astrazione. L’artista esplora un bacino di fonti estremamente ampio, riutilizza in modo sistematico immagini già esistenti, attinge dalla società in cui viviamo e la realtà abitata da ciascuno di noi diventa, in questo caso, il suo archivio. L’installazione, concepita ad hoc, fa dialogare l’elemento posizionato sulla vetrata con un altro in alluminio collocato all’interno, così come anche con gli ospiti dell’albergo e le altre opere in mostra.
Poems until the Sheets Get Changed [Poesie fino a che le lenzuola non vengano cambiate] (2023), è il ciclo di opere concepite da Lori Lako che traggono ispirazione dalla poesia di Erica Jong Hotel Rooms. Si tratta di mise en scene realizzate all’interno delle camere di mH Florence & Spa, nell’intervallo di tempo tra il check-out del cliente della notte precedente e il check-in del successivo. Le camere sono luoghi di privacy temporanea con un continuo avvicendamento di attori, che l’artista mette in luce attraverso questi scatti inediti che saranno esposti nei pianerottoli di accesso ai quattro piani dell’albergo.
Attraverso la tecnica che caratterizza la sua pratica, rivestire con cemento e solfato di rame dei tondini di ferro, materiali tipici dell’architettura, Mohsen Baghernejad Moghanjooghi crea delle sculture che si comportano come piante: se bagnate, diventano verdi. In questo contesto, pone in relazione due opere diverse: una scultura, Io e i miei fratelli (2021), e un’istallazione composta da una fotografia e una scultura in dialogo tra loro, Lilly si chiamava! (2022) che ci introducono a un’esperienza umana/non umana degli spazi abitativi dell’hotel.
Anna Dormio presenta due serie di lavori: Boom Boom papà (2021) e Shooting Sky (2017/ongoing). Il padre dell’artista ha un’armeria e il titolo della prima serie rievoca un’espressione della sua infanzia. Le armi, sottratte qui alla loro funzione, assumono una presenza ludica e “affettiva”, in grado di suscitare il ricordo del padre pur all’interno di un contesto straniante. Allo stesso tempo, affronta, con leggerezza, il tema della crescente diffusione delle armi e della militarizzazione della società occidentale. La seconda serie, composta da 16 polaroid, rimanda sia allo shooting fotografico che al verbo inglese to shoot = sparare. Il cielo, astratto, impalpabile, immateriale, viene “sparato” con il “click” della macchina fotografica istantanea, ottenendo un risultato bidimensionale: una fotografia di cielo, nella sua visione diurna e notturna, a mappare un’ipotetica varietà temporale, costretto tra quattro margini. La pelle di questo simulacro del cielo viene poi perforata dalla brutalità di un colpo di pistola.
Nelle opere pittoriche di Matteo Coluccia, scelte per Chambres, della serie Good Morning, George (2021/2022), si racconta la storia di George, un uomo che si sveglia al mattino, forse dopo un lungo sonno. Il nome non ha un significato particolare, e, come ci dice l’artista: suona bene col resto del titolo. Troviamo un cane spezzato che fa da guardia e da i numeri, il sette, forse, vorrà dire qualcosa. Un Golgota riemerge dall’erba mentre fuori dal proprio giardino fiorito divampa un incendio. Tutto è ormai annerito e appare in penombra, delle erbacce però trovano ancora la forza di fiorire. Immagini apparentemente piacevoli a livello estetico, anche ironiche, che affondano però le radici in una materia oscura e che inducono a una riflessione sulla condizione esistenziale.
Stefano Giuri si relaziona con lo spazio pubblico e con quello più privato, lavora sulla memoria collettiva e su quella individuale, affrontando problematiche sociali attuali legate ai luoghi in cui opera. Per Chambres, ha realizzato una scultura che sarà collocata di volta in volta in stanze differenti e che attiverà un dialogo con gli abitanti temporanei – i clienti dell’hotel – che saranno messi di fronte ad un bivio al momento del check-out: acquistare l’opera, prodotta in serie illimitata, o decretarne la sua distruzione. I resti dell’eventuale distruzione saranno accuratamente custoditi e messi in mostra, costituendo così una nuova scultura frutto di questa relazione tra l’opera e gli ospiti dell’albergo.
Le opere delle artiste e artisti coinvolti lasceranno il loro segno all’interno dell’hotel, uno spazio, come già sottolineato, aperto, crocevia di ospiti di passaggio, provenienti da diverse parti del mondo, che si fermano in una finestra di tempo e poi se ne rivanno, uno spazio in continua trasformazione che cambia a seconda di chi lo abita in quel momento. E proprio in quest’ottica, Chambres si potrà visitare h24. Saranno tracce che andranno a integrarsi e a interagire con gli ambienti e con chi li attraversa. I lavori, realizzati appositamente per Chambres, riflettono questa condizione di movimento, di identità differenti, di situazioni quotidiane fatte di gesti, di casualità, di esperienze sociali e di costume, tutti elementi che vivono costantemente in una realtà come quella di un hotel.
Il primo dei segni di Chambres, visibile dall’esterno, sulla vetrata di mH Florence & Spa, è quello di Max Mondini, Entogramma#1 (Filippo) (2023). Un lavoro che nasce da un immaginario ibrido, al confine tra figurazione e astrazione. L’artista esplora un bacino di fonti estremamente ampio, riutilizza in modo sistematico immagini già esistenti, attinge dalla società in cui viviamo e la realtà abitata da ciascuno di noi diventa, in questo caso, il suo archivio. L’installazione, concepita ad hoc, fa dialogare l’elemento posizionato sulla vetrata con un altro in alluminio collocato all’interno, così come anche con gli ospiti dell’albergo e le altre opere in mostra.
Attraverso la tecnica che caratterizza la sua pratica, rivestire con cemento e solfato di rame dei tondini di ferro, materiali tipici dell’architettura, Mohsen Baghernejad Moghanjooghi crea delle sculture che si comportano come piante: se bagnate, diventano verdi. In questo contesto, pone in relazione due opere diverse: una scultura, Io e i miei fratelli (2021), e un’istallazione composta da una fotografia e una scultura in dialogo tra loro, Lilly si chiamava! (2022) che ci introducono a un’esperienza umana/non umana degli spazi abitativi dell’hotel.
Anna Dormio presenta due serie di lavori: Boom Boom papà (2021) e Shooting Sky (2017/ongoing). Il padre dell’artista ha un’armeria e il titolo della prima serie rievoca un’espressione della sua infanzia. Le armi, sottratte qui alla loro funzione, assumono una presenza ludica e “affettiva”, in grado di suscitare il ricordo del padre pur all’interno di un contesto straniante. Allo stesso tempo, affronta, con leggerezza, il tema della crescente diffusione delle armi e della militarizzazione della società occidentale. La seconda serie, composta da 16 polaroid, rimanda sia allo shooting fotografico che al verbo inglese to shoot = sparare. Il cielo, astratto, impalpabile, immateriale, viene “sparato” con il “click” della macchina fotografica istantanea, ottenendo un risultato bidimensionale: una fotografia di cielo, nella sua visione diurna e notturna, a mappare un’ipotetica varietà temporale, costretto tra quattro margini. La pelle di questo simulacro del cielo viene poi perforata dalla brutalità di un colpo di pistola.
Nelle opere pittoriche di Matteo Coluccia, scelte per Chambres, della serie Good Morning, George (2021/2022), si racconta la storia di George, un uomo che si sveglia al mattino, forse dopo un lungo sonno. Il nome non ha un significato particolare, e, come ci dice l’artista: suona bene col resto del titolo. Troviamo un cane spezzato che fa da guardia e da i numeri, il sette, forse, vorrà dire qualcosa. Un Golgota riemerge dall’erba mentre fuori dal proprio giardino fiorito divampa un incendio. Tutto è ormai annerito e appare in penombra, delle erbacce però trovano ancora la forza di fiorire. Immagini apparentemente piacevoli a livello estetico, anche ironiche, che affondano però le radici in una materia oscura e che inducono a una riflessione sulla condizione esistenziale.
Stefano Giuri si relaziona con lo spazio pubblico e con quello più privato, lavora sulla memoria collettiva e su quella individuale, affrontando problematiche sociali attuali legate ai luoghi in cui opera. Per Chambres, ha realizzato una scultura che sarà collocata di volta in volta in stanze differenti e che attiverà un dialogo con gli abitanti temporanei – i clienti dell’hotel – che saranno messi di fronte ad un bivio al momento del check-out: acquistare l’opera, prodotta in serie illimitata, o decretarne la sua distruzione. I resti dell’eventuale distruzione saranno accuratamente custoditi e messi in mostra, costituendo così una nuova scultura frutto di questa relazione tra l’opera e gli ospiti dell’albergo.